venerdì 20 maggio 2016

IL DISCORSO DELLA REGINA. I PARLAMENTARI SI INCHINANO - di Paola De Carolis

Nel buio in cui brancola quest'Europa post napoleonica, che si crogiola nel perdere i simboli e i riti che da sempre la identificano, o che piuttosto li sostituisce con asettiche sessioni europarlamentari, con gesti insipidi, con volgari e pagliacceschi personaggi in cravatta nera (cravatta nera nel senso letterale: cosa s'intenda per black tie,  nemmeno se lo immaginano...) da Circo Barnum che credono di essere qualcuno solo perché depauperano i rispettivi concittadini riempendosi le tasche con profumati bonifici mensili, risplende ancora una volta la magnificenza della Monarchia tradizionale.
Non voglio qui disquisire del ruolo, talvolta deludente o addirittura pessimo, svolto dai Reali del Regno Unito; voglio invece celebrare la grandiosità dell'istituto della Monarchia, che (ormai soli) ben incarnano, seppur protestanti, con un fasto tutto cattolico.
Con i Parlamentari del Regno Unito, mi inchino commosso anch'io: ancora una volta, God save the Queen!
Buona lettura.

Il luccicchio è quasi abbagliante. Brillano i gioielli, le sete, il trono d’oro. 
L’arrivo di Elisabetta si capta nell’aria. A 90 anni mostra la grazia di sempre

di Paola De Carolis, da Londra


La corona imperiale, realizzata per Giorgio VI nel 1937, arriva in carrozza a parte, assieme alla spada dello Stato e a un cappello di velluto rosso bordato di ermellino, simboli del potere reale. Quando la sovrana raggiunge Westminster da Buckingham Palace i suoi ospiti sono già seduti. Cinquecento persone sugli spalti di pelle della Camera alta del Parlamento: lord, baroni e baronesse con il mantello cremisi, le mogli dei lord ereditieri in abito lungo, quasi tutte color crema, guanti bianchi e tiara, gli uomini in tight.
Dall’alto il luccichio è quasi abbagliante. Brillano i gioielli, le sete, il trono d’oro che occupa la parte centrale di una parete della sala. Nella tribuna riservata agli ambasciatori spiccano un fez, un turbante, un sari. Nella Strangers’ gallery, ovvero i posti generalmente tenuti per i membri del pubblico, qualcuno indossa oltre ai guanti il cappello. L’imminente arrivo di Elisabetta in sala si capta nell’aria. All’improvviso cala il silenzio. La processione degli araldi entra dalla porta di sinistra, la regina, accompagnata da Filippo, da destra. Il pubblico scatta in piedi.

Il mantello rosso
Se da una parte fa tenerezza, anziana, canuta, con lo sguardo rivolto in basso verso tre insidiosi scalini da superare prima di raggiungere il trono, dall'altra Elisabetta mostra a 90 anni la grazia e l’autorevolezza di sempre. Sorride a Filippo, che le è accanto e le porge elegantemente la mano per accompagnarla al trono. Ammira i paggetti che le sistemano lo strascico del mantello rosso sugli scalini, dà ai presenti il permesso di accomodarsi. Alla sua sinistra siede il figlio Carlo, con il viso colorito di chi passa tanto tempo all’aria aperta. Accanto a lui Camilla, vestita di crema pallido come la regina, sotto l’abito lungo le scarpe argento come la suocera.

Il «black rod»
In un silenzio reverenziale, tutti, sovrana inclusa, aspettano l’arrivo dei deputati. Come vuole la tradizione, è «black rod», l’usciere della verga nera, a condurli dalla Camera dei comuni a quella dei lord. Si fanno sentire: chiacchierano e ridono lungo i corridoi di Westminster. Giunti nella sala, si accalcano in piedi in fondo, David Cameron e Jeremy Corbyn in prima fila, gli altri accanto, dietro, sui lati, dove trovano spazio. Squilla un telefonino, subito zittito. La regina guarda divertita e comincia a leggere.

L’anno parlamentare
È il discorso che segna l’apertura ufficiale dell’anno parlamentare: 21 proposte di legge che rappresentano il programma dei conservatori per i prossimi dodici mesi. Prigioni più umane, broadband in più case, adozioni più semplici, una tassa sui cibi con troppi zuccheri per combattere l’obesità infantile, una carta per i diritti umani, il continuato impegno per la pace in Siria. Poche parole in fondo che spiegano il perché di un programma senza eccessive ambizioni. «Il mio governo terrà un referendum sull’appartenenza all’Unione europea». Dieci minuti e tutto finisce.
Il testo del discorso viene riposto dal Lord Chancellor. Elisabetta si alza, Filippo con lei. I paggetti riprendono il mantello, la processione riparte.

L’usciere
La sala gradualmente si svuota. Qualcuno rimane a chiacchierare. L’usciere della galleria in alto si avvicina. «È filato tutto liscio — dice soddisfatto —. Sembra facile, in realtà per arrivare a questo punto abbiamo lavorato molto». Snocciola i nomi dei lord presenti, differenzia tra chi ha ereditato il titolo e chi lo ottenuto di recente. Giù in basso, tra i sedili di pelle rossa, il suo occhio cade su una scollatura appena eccessiva. Alza le sopracciglia, ma non dice nulla.