martedì 28 luglio 2015

Spagna: populismo e Sinistre radicali vogliono zittire la Chiesa

Desidero proporre per una riflessione sul nostro futuro questo articolo pubblicato da nocristianofobia.org che non riguarda solo la Spagna.
L'abbandono della Religione da parte degli Stati porta con sé situazioni di estrema gravità e sofferenza. Allontanarsi dalla Legge di Dio, significa allontanare il bene anche dall'uomo: non sfugge che il Decalogo comprende solo i primi tre Comandamenti riguardanti Dio stesso, gli altri sono del tutto riguardanti l'uomo.
Ma cosa sperare se Prìncipi indifferenti alla Religione (se non addirittura ostili: pare che la scorsa estate, nelle vacanze che vede in un sol luogo adunati tanti Principi della Famiglia Borbone, dei vari rami, Donna Leticia abbia vietato alle figlie la partecipazione alla S. Messa domenicale) occupano un Trono senza ricordare le parole di Nostro Signore a Pilato: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto" (GV 19, 11)?
L'unica speranza viene da noi stessi: e per le Spagne, da una nuova Reconquista che recuperi le anime.
Continuiamo nella nostra Crociata di Preghiera (con la recita quotidiana del Rosario) e di cultura, per l'Europa, e per tutti i suoi popoli.


Era il 1978: la Spagna rinunciava a riconoscere alla religione cattolica, apostolica e romana lo status di unica religione di Stato, coi diritti e le prerogative conformi alla legge di Dio ed al Diritto Canonico. Da quell’anno, l’art. 16 della Costituzione garantì e garantisce tuttora «la libertà religiosa e di culto. Non vi sarà alcuna confessione di Stato». Ciò nonostante, sempre i vari governi succedutisi han tenuto nella massima considerazione e nel dovuto rispetto il ruolo della Chiesa Cattolica e delle sue tradizioni, esprimendo loro, anche pubblicamente, un’evidente vicinanza. Molti esponenti dell’esecutivo non han fatto mistero della propria fede, ad esempio affidando all’intercessione della Vergine Maria situazioni sociali particolarmente difficili – come ha fatto il ministro del Lavoro, Fatima Benez, nel tentativo d’uscire dalla pesante crisi economica – oppure partecipando a cerimonie religiose (nella foto, alla presenza del Re e della Regina, il primo ministro, Mariano Rajoy, in atto di riverenza verso il Cardinale Arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela), nonché appoggiando l’impegno educativo e la solidarietà concretamente esercitati da enti ed associazioni ecclesiali.
Purtroppo, secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo Abc, ora le cose stanno cambiando anche su questo fronte: le iniziative recentemente assunte da eletti della lista di estrema sinistra Podemos in numerosi Comuni iberici evidenziano, infatti, una netta presa di distanza rispetto a gesti o elementi religiosi, tradizionalmente propri delle aree amministrate. Qualche esempio? Il Sindaco di Barcellona, Ada Colau, non assisterà alla S.Messa per la ricorrenza della Madonna della Mercede. E ciò non per impegni pregressi, ma con una motivazione espressamente, dichiaratamente ideologica ovvero per una forma di rispetto verso un «sistema democratico aconfessionale». Non solo. L’amministrazione pubblica di Saragozza si è impegnata ad applicare una mozione del 2013 promossa da un’altra lista della galassia appartenente alla Sinistra radicale, laChunta Aragonesista, mozione con cui si abroga qualsiasi regolamento, protocollo, cerimoniale con onori annessi, tali da costringere membri della giunta municipale ad esser presenti alle cerimonie pubbliche religiose. Così suona come un grave e triste oltraggio il fatto che questo 25 luglio, a Santiago di Compostela, nella tradizionaleGiornata nazionale della Galizia, il sindaco, Martiño Noriega, membro dell’ennesima lista di estrema Sinistra, Compostela Aberta, accolga sì le autorità alle porte della Cattedrale, restando tuttavia al di fuori, senza mettervi piede per la cerimonia religiosa della Ofrenda al Apóstol.
Da parte sua la Conferenza episcopale sta cercando di gettar acqua sul fuoco e di minimizzare questi – a dir poco – “sgarbi” istituzionali: «La Chiesa non teme i cambiamenti politici, né i partiti emergenti», ha detto il suo portavoce, José María Gil Tamayo. E’ tuttavia evidente come, da un punto di vista sociale, morale e culturale, oltre che confessionale, l’abbracciare certo populismo da qasba conduca a queste pericolose involuzioni, squalificanti chi le provochi, tuttavia penalizzanti l’intera popolazione, colpita al cuore in ciò che ha di più caro, vale a dire nella propria fede, nei propri costumi e nelle proprie tradizioni. Ciò richiama quanto bollato come «laicismo» nella Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 24 novembre 2002 con l’approvazione di Giovanni Paolo II. Qui per laicismo s’intende il «negare non solo ogni rilevanza politica e culturale della fede cristiana, ma perfino la stessa possibilità di un’etica naturale», aprendo «la strada ad un’anarchia morale che non potrebbe mai identificarsi con nessuna forma di legittimo pluralismo». Ed ancora: «La marginalizzazione del Cristianesimo non potrebbe giovare al futuro progettuale di una società» ed anzi «insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civiltà» (n. 6). E’ una cosa da tener presente, specialmente sotto elezioni. Non solo in Spagna.

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